L’apogeo di Grasse si colloca nella prima parte del XX secolo, periodo durante il quale una parte significativa dei prodotti naturali trattati dagli industriali di Grasse proviene da colture locali. Dagli anni Sessanta, alcuni grandi gruppi internazionali iniziano ad acquistare gli stabilimenti di Grasse: le loro sostanze aromatiche di sintesi offriranno ai profumieri una tavolozza sempre più ricca e variegata oltre che prezzi estremamente interessanti che ne decreteranno il successo, spesso a scapito dei prodotti naturali e, talvolta, anche della qualità dei profumi.

Essendo la parte principale del costo della catena di fabbricazione dei profumi concentrata nella raccolta, la sola alternativa per il gelsomino, prodotto principe di Grasse, diventa quella di «crescere altrove». Tra il 1970 e il 1980, si assiste allo sviluppo degli immobili a scapito dei terreni agricoli: le coltivazioni di gelsomino si spostano prima in Egitto, nel delta del Nilo, e poi nell’India del sud. Oggi, questi due paesi garantiscono in parti sensibilmente simili il 90% della produzione mondiale.

La coltura della rosa centifolia rimane in parte nella regione di Grasse grazie a una partnership tra Chanel e la società Mul a Pégomas, mentre quella della rosa damascena si sviluppa in Turchia e in Bulgaria. L’arancio ripiega verso la Tunisia; la tuberosa scompare dal paesaggio di Grasse per ricomparire in India; la foglia di violetta rimane in parte nella regione di Grasse e a Tourrette-sur-Loup nonostante l’intensificarsi della concorrenza egiziana; la mimosa continua a essere coltivata ma deve fronteggiare la concorrenza sia del Marocco che dell’India.
Delle migliaia di tonnellate di fiori trattati all’inizio del XX secolo, nel 2000 ne rimangono ancora alcune decine di tonnellate, pari a 40 ettari di colture (gelsomino, rosa, tuberosa, violetta, mimosa). Mentre il mercato mondiale della profumeria si interroga, preoccupato dal percorso verso il quale indirizzare la propria strategia globale e profondamente sollecitato da temi ecologici, economici e quindi equi, alcuni giovani produttori di Grasse si battono per ridar lustro alla loro regione (in generale eredi di patrimoni familiari che si rifiutano di vederli scomparire e desiderosi di preservare la tradizione).

Se la produzione di Grasse è oggi ridotta, il know-how è sempre presente e in attesa di essere utilizzato e perpetrato. Lo stesso vale per l’immagine emblematica e prestigiosa che rappresenta Grasse nel mondo della profumeria. Ed è proprio questo il senso del progetto “Grand MIP”. In quanto memoria vivente e ambasciatore della profumeria nel mondo, il Museo Internazionale della Profumeria ha come missione quella di presentare i diversi aspetti legati a questa industria. Come la conservazione di uno stabilimento di profumeria, la creazione di un conservatorio delle piante da profumo rimane centrale per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio industriale di Grasse e dei suoi diversi know-how.
Le poste in gioco sono importanti dal momento che si tratta di:
1. Salvaguardare per le generazioni future un patrimonio, quello naturale, la cui qualità è riconosciuta a livello mondiale.
2. Salvaguardare competenze tipiche di Grasse, materiali e immateriali.
3. Soddisfare le grandi aspettative dei cittadini di Grasse e dei turisti che rimpiangono l’assenza di colture floreali nel paesaggio urbano.
4. Completare la catena di fabbricazione dei profumi presentata in un futuro sito industriale e al Museo Internazionale della Profumeria, attraverso il primo dei suoi anelli: la materia prima.

Storicamente, conservatori botanici e musei hanno conosciuto un’evoluzione identica. La storia dei primi giardini botanici dimostra, come per le prime collezioni che daranno vita ai musei, che la loro creazione e il loro funzionamento sono stati strettamente legati all’insegnamento destinato agli studenti. Proprio come i musei, in seguito sono diventati luoghi di ricerca aperti a tutti, ma dove il pubblico non specializzato poteva solo meravigliarsi, senza comprendere, di fronte alle bellezze presentate. In un’epoca in cui molti musei, come quello Internazionale della Profumeria, si rinnovano completamente e dove le collezioni non sono più presentate al pubblico nella loro interezza ma in funzione di un tema o di un discorso scientifico, i giardini botanici diventano dei musei dal vivo.